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Nell'Argentina della dittatura, la storia di una donna eccezionale: "Adelaida" di Adrian N. Bravi

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Adelaida-Bravi

Adelaida
di Adrián N. Bravi
Nutrimenti, febbraio 2024

pp.142
€ 17,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

Ci sono Paesi che, in un determinato momento della propria Storia, si accaniscono contro i propri giovani, colpevoli di portare avanti idee di libertà, espressioni nuove del vivere e del governare, modelli innovativi di pensiero. Un Paese che, in questa pratica, si è distinto per l'accanimento con cui ha combattuto la propria "meglio gioventù" è stata l'Argentina degli anni 70-80 del Novecento. Tra il 1976 e il 1983, gli anni delle dittature, prima fra tutte quella del generale Jorge Rafael Videla, sparirono circa 30mila dissidenti, la maggior parte giovani. Ragazzi e ragazze, uomini e donne passati alla Storia come i desaparecidos. Perché di loro non si seppe mai più nulla.

Fra questi ci furono Mini e Lorenzo Ismael Viñas, 22 e 25 anni, fratello e sorella, figli di David Viñas, scrittore argentino, tra gli intellettuali radicali più militanti del suo Paese e di Adelaida Gigli, artista, pittrice, poetessa, intellettuale, donna anticonformista e libera, tra le fondatrici della rivista Contorno, destinata a diventare un punto di riferimento del mondo culturale argentino degli anni Cinquanta.

Proprio a questa figura di donna, ardente, coraggiosa, ribelle e originale, è dedicato questo libro, a metà tra una biografia e un romanzo storico, con il quale la casa editrice romana Nutrimenti, è entrata nella dozzina dei libri candidati al Premio Strega. La figura di Adelaida Gigli, italiana di Recanati trapiantata a Buenos Aires, è raccontata da uno scrittore di Buenos Aires, trapiantato a Recanati, Adrián N. Bravi, in un gioco di specchi e di rimandi storici, geografici e di vita vissuta che arricchiscono, come fili multicolori, la tessitura del testo e avviluppano il lettore che si sente accolto come in un circolo di amici. Bravi conobbe Adelaida da giovane studente mentre lei aveva già 61 anni e una vita intensa e dolorosissima alle spalle. Tra i due nacque un'amicizia intellettuale forte e instancabile, animata dall'estrosità dell'artista che con le sue idee anticonformiste sulla letteratura, le sue eccentricità nel modo di vivere e la sua verve di ceramista, contribuì a formare la statura intellettuale di Bravi (che ha al suo attivo finora oltre una decina di romanzi e numerosi racconti e saggi). 

Da quest'amicizia più che ventennale Bravi trasse una montagna di carte appartenute ad Adelaida Gigli (che purtroppo finì i suoi giorni in un ospizio per malati di Alzheimer) e una storia talmente intensa che non poteva che finire in un libro. Adelaida è il risultato di tutti gli incontri, le conversazioni, i confronti, le letture, le sigarette, i bicchieri di whisky che Bravi condivise con la grande artista argentina. Partendo da una storia così personale, lo scrittore ha avuto il merito di non limitarsi a scrivere una biografia, ma si è messo in gioco in prima persona, ha inserito suoi ricordi, momenti di vita vissuta che magari hanno intersecato, naturalmente senza nemmeno immaginarlo, gli attimi più dolorosi della vita di Adelaida. Il risultato è un libro che tocca profondamente il lettore perché mette a nudo un cuore, quello di Adelaida che ha vissuto gli anni più disperati della storia argentina.

Ma chi è Adelaida?

Adelaida Gigli era figlia di un pittore di Recanati, Lorenzo Gigli, che si trasferì con la famiglia in Argentina nel 1931, quando Adelaide (che poi cambierà il nome all'argentina) aveva solo 4 anni. Nel volgere di un ventennio Adelaida si tuffò nella vita culturale di Buenos Aires, diventandone in breve tempo una delle figure più note e più influenti. Intorno a lei e al marito, David Viñas, si muoveva tutta la meglio gioventù porteña del tempo, coloro che in campo narrativo e figurativo erano impegnati a portare avanti sperimentazioni e nuovi modelli. Chi di voi non conosce Mafalda, la caustica bambina con i capelli neri a caschetto, che con le sue domande mette in crisi il mondo degli adulti? Quino, il suo creatore, prese il nome proprio da un romanzo scritto da David Viñas, Dar la cara. Un mondo di ragazzi e ragazze che si riconoscevano in valori come l'umanità, la pace, la ribellione contro le ambiguità del potere. Sono questi i valori progressisti e di sinistra che muovevano i giovani redattori della rivista Contorno. La cui anima principale era proprio Adelaida.

Durante le riunioni Adelaida metteva in discussione tutto, non c'era argomento, anche il meno importante, che non fosse sottoposto alle sue osservazioni. «Era come Jean Moreau», aveva detto in un'occasione David Viñas, «una donna da pazzi. Un miscuglio italo-spagnolo-argentino incredibile e scriveva in modo geniale». (p. 34)

Se questa generazione di giovani argentini degli anni 50-60 sognava il progresso e già la repressione del potere tentava di zittirli, sarà la generazione successiva a dover vivere gli anni peggiori. Ispirati dalle idee progressiste, decisi a metterle in pratica e convinti che soltanto una rivoluzione avrebbe potuto aprire la strada alla libertà, i giovani argentini degli anni 70 vissero il tempo della dittatura di Videla sul filo del rasoio. Ricercati, spiati, rapiti, torturati e uccisi sono loro i giovani figli delle madri di Plaza de Mayo che li hanno cercati disperatamente (e in alcuni casi ancora cercano i propri nipoti, i figli dei loro figli che il regime diede in adozione a famiglie complici). Sono i ragazzi e le ragazze che spesso terminarono la loro vita su un volo della morte quando il portellone si apriva e un soldato li lasciava cadere nel vuoto. Come accadde a Lorenzo Ismael, il secondo figlio di Adelaida. Giovani che viaggiavano con pasticche di cianuro addosso perché passare per le torture dei militari era quanto di più tremendo si potesse immaginare. E se capitava di essere presi, in certi casi era meglio suicidarsi che essere condotti in caserma.

Adelaida Gigli non si è mai unita alle madri di Plaza de Mayo. Il suo dolore se l'è portato dentro, cucito addosso come un vestito troppo stretto. Un dolore infinito che inizia un giorno qualunque, il 29 agosto 1976, quando un'auto temutissima, la Falcon verde con cui i militari sequestravano i dissidenti, si avvicina in modo sinistro all'adorata figlia Mini che tiene in braccio la propria piccola di 9 mesi e si avvia allo zoo. Nemmeno 20 giorni prima un'altra Falcon verde aveva affiancato il taxi sul quale viaggiava il suo compagno Carlos Goldenberg, papà della piccola Inés. Ne erano scesi alcuni ceffi che avevano falciato a morte il ragazzo. Quel 29 agosto Mini deve incontrare alcuni compagni, ma vistasi circondata e presa dal terrore, lascia improvvisamente la sua piccola in braccio a due signori svizzeri in visita al parco (che capiscono tutto) e si avvia verso il suo destino. Di lei e della sua sorte nessuno seppe mai più niente. Insieme a lei allo zoo, quel giorno, fu catturato un altro ragazzo, Alejandro.

Il giorno dopo esce una nota su un giornale in cui si dichiara che l'esercito e la polizia federale hanno preso due delinquenti sovversivi mentre erano all'interno dello zoo di Buenos Aires per organizzare un attentato. Alejandro muore due giorni dopo sotto tortura; di Mini, invece, non si sa di preciso quando il dio dell'imprevedibile abbia deciso di sottrarla dalle mani dei suoi torturatori. (p. 15)

Quattro anni dopo la stessa sorte toccherà al secondogenito di Adelaida, Lorenzo. E in quel momento l'artista decise di lasciare per sempre l'Argentina portando con sé il suo carico di dolore. Scelse di ricominciare un'altra vita tenendo sempre come faro lo spirito ribelle e indomito alle ingiustizie dei suoi figli (ai quali d'altra parte l'avevano trasmesso lei e il marito). Da allora ha trasposto nelle sue ceramiche tutta la sua vita, la storia sua personale e della sua patria.

E io non so per quale motivo quando vedo le sue foto, i suoi occhi, le pieghe del vestito, la sensualità dello sguardo o il sorriso (che sembra esprimere più tristezza che gioia, come se vedesse prefigurato un futuro incerto e crudele), ecco, quelle fotografie in bianco e nero degli anni Cinquanta o Sessanta mi fanno pensare che la storia dell'Argentina sia tutta concentrata sul suo viso e che abbia scelto proprio il suo per essere rappresentata, imprimendo in quello sguardo la tragedia, la morte, l'esilio e l'amore allo stesso tempo. (p. 88)

Facendo affidamento ai ricordi personali, alle conoscenze storiche, alle carte di Adelaida, alle lettere che la nipote (sì, proprio lei, la bimba di Mini) gli ha fatto avere, Adrián Bravi ha scritto un libro lacerante, una testimonianza viva e profonda su quanto la vita di una persona, e quella di un'intera generazione, possa essere distrutta dal potere soverchiante della dittatura. E attraverso il ricordo di una donna così eccezionale come Adelaida Gigli seppe essere, il libro diventa lo spaccato storico di un'Argentina che, nemmeno cinquant'anni fa, fu scossa dal terrore. La scrittura si fa quindi memoria e diventa mezzo per opporsi alla cancellazione del tanto male compiuto. Bravi riesce a essere documentato e preciso come uno storico e al contempo appassionato come un uomo che sa di aver avuto una grande fortuna nella vita, quella di incontrare un personaggio straordinario, e ci tiene a lasciarne traccia.

Sabrina Miglio